I SUPPORTI MUSICALI


Cosa si intende per supporti fisici??

Sono quei supporti materiali in grado di concernere musica, essi sono riproducibili mediante appositi apparecchi e hanno proprie carattertistiche. Li differenziamo in base al loro modo di immagazzinare la musica in Supporti Analogici e Supporti digitali.

Supporti Analogici:

Dal punto di vista scientifico il suono è un onda prodotta da un corpo elastico. Nei supporti analogici i suoni vengono rilevati da appositi trasduttori a contatto e registrati sul supporto. L'ascolto è “esattamente” ciò che viene prodotto dall’onda suono. Questi supporti offrono quindi un’esperienza di ascolto autentica e un suono caldo e naturale. Tuttavia i supporti musicali analogici sono soggetti a degrado nel tempo e sono spesso delicati e suscettibili a graffi e danni. Per ascoltare musica in modo soddisfacente servono apparecchiature professionali molto costose. Per l’ascoltatore medio lo svantaggio di questi sistemi sono fruscii e rumori indesiderati, il degrado nel tempo e le dimensioni.

onda sonora analogica

Formati incisi:

Dischi a 78 giri:

Il 78 giri è stato il primo tipo di disco fonografico e fu inventato da Emile Berliner nel 1889. La semplicità di produzione, trasporto e immagazzinamento di questi dischi permise loro di soppiantare già agli inizi del 1900 il cilindro fonografico (primo supporto audiofonico introdotto da Thomas Edison, inventore del fonografo). Rimase lo standard di riproduzione audio fino alla fine degli anni '40 quando i dischi in vinile a microsolco, basati sul medesimo principio tecnico ma di qualità e durata assai maggiori, lo resero obsoleto, per poi porre fine alla loro produzione intorno al 1960.

78 giri fonografo

Disco a 78 giri e fonografo

Caratteristiche:

Il nome deriva dalla velocità di rotazione del disco, circa 78 giri al minuto; avevano per lo più un diametro di dieci pollici (circa 25 centimetri) o dodici pollici (circa 30 centimetri).

Vennero realizzati con diversi materiali tra cui il vetro o una lamina di metallo rivestita di cera, in seguito la resina di gommalacca diventò il materiale più comune. Durante e dopo la seconda guerra mondiale, quando le forniture di gommalacca erano estremamente limitate, alcuni dischi a 78 giri vennero stampati in vinile.

La registrazione del segnale audio era realizzata per mezzo di un solco a spirale archimedea che, partendo dal bordo esterno del disco, raggiungeva la zona interna, occupata dall'etichetta. La forma di tale solco veniva modulata con il segnale da registrare e ne riproduceva più o meno fedelmente l'andamento. Per ascoltare un disco a 78 giri serve un giradischi che supporti questa velocità, munito di una puntina di zaffiro o diamante per il solco normale (non micro), in alternativa può essere ascoltato con il classico grammofono munito di puntine di acciaio.

Rispetto ai successivi dischi a microsolco in vinile a 33 giri e 45 giri, oltre alla maggiore velocità di rotazione sono caratterizzati da una dimensione del solco maggiore (circa il triplo) e, per questi motivi, la capacità della traccia audio registrata è di pochi minuti per lato. Inoltre non erano incisi secondo la curva di equalizzazione standard RIAA adottata per i successivi dischi microsolco in vinile, pertanto il loro suono, ascoltato con un amplificatore moderno, risulta innaturale (essenzialmente carente negli acuti). La quasi totalità dei 78 giri venne registrata in monofonia, anche se nel 1945 la RCA fece alcuni esperimenti di dischi stereofonici (per esempio con il brano Cool water del gruppo country & western The Sons of the Pioneers). Generalmente i dischi a 78 giri pubblicati da artisti di popular music avevano un diametro di 10", mentre i dischi di opere o musica colta erano da 12".

Storia:

Emile Berliner concepì il disco con solchi a piastra circolare nel 1887. Nel 1894 Berliner iniziò a produrre dischi a 78 giri sotto l'etichetta Berliner Gramophon, entrando in concorrenza con i cilindri prodotti da Edison; fu allora che fissò la velocità di rotazione dei suoi dischi a circa 70 giri al minuto. Alla fine del XIX secolo e nei primi anni del XX secolo, la velocità di rotazione non era uguale per tutti i dischi prodotti dalle varie case discografiche. Fra il 1915 e il 1918, ad esempio, la casa discografica Edison realizzò dei dischi ad 80 giri, imitata poi da altre etichette come la Columbia. Solo nel 1925 la velocità fu ufficialmente standardizzata a 78 giri al minuto (esattamente a 78,26).

I primi dischi a 78 giri erano incisi con strumenti meccanici e su una sola facciata. La tecnica di incisione consisteva in un convogliatore a cono che concentrava i suoni su una sottile membrana le cui vibrazioni, tramite uno stilo, incidevano lo strato ceroso depositato sul disco matrice, mentre questo ruotava e contemporaneamente traslava longitudinalmente per creare la spirale. In seguito, nelle sale di incisione, si diffusero i microfoni elettrici ma sempre corroborati da strumentazioni meccaniche. Solo dopo il 1925 le incisioni dei 78 giri vennero eseguite con apparecchiature elettriche, che permettevano una qualità sonora migliore.

In Italia la prima registrazione documentata di un disco a 78 giri avvenne l'11 aprile 1902 al Grand Hotel et de Milan di via Manzoni, a Milano, per l'azienda Gramophone Company; si trattava di dieci brani operistici cantati dal tenore italiano Enrico Caruso, con l'accompagnamento al pianoforte di Salvatore Cottone. Nel 1904 la Odeon tedesca iniziò a produrre i primi dischi a doppia facciata, per il quale tentò invano di far valere i diritti esclusivi. Nel 1908 la Columbia Records iniziò a produrre 78 giri a doppia facciata denominati "Columbia Double disc record".

La grande diffusione dei 78 giri si ebbe nell'immediato dopoguerra, dal 1946 al 1955, con molte aziende impegnate nel settore. In Italia vi erano aziende come Carisch (che distribuiva anche Odeon, Pathé, Parlophon, Vis Radio), Cetra, Fonit, RCA Italiana, La voce del padrone, Durium-Telefunken (italo-tedesca) e CGD.

Dopo il 1950 i dischi in gommalacca vennero soppiantati dai dischi in vinile, realizzati in PVC che, grazie alle migliori caratteristiche tecniche del materiale di supporto ed alla diversa tecnica di incisione, avevano prestazioni superiori di fedeltà e durata. Gli ultimi dischi a 78 giri risalgono alla prima metà degli anni sessanta, si tratta per lo più di prodotti sudamericani o asiatici o di edizioni di etichette occidentali per i Paesi di queste aree (come nel caso dei primi singoli dei Beatles editi a 78 giri per il mercato asiatico).

Emile Berliner grammofono

Emile Berliner
Inventore del disco fonografico e del grammofono

Dischi a microincisione: 33 e 45 giri:

Il disco in vinile (noto anche come disco a microsolco o, per ellissi, microsolco) venne introdotto nel 1948 dalla Columbia records negli Stati Uniti d'America come evoluzione del precedente disco a 78 giri, dalle simili caratteristiche, realizzato in gommalacca. Come sineddoche, il termine vinile, materiale con il quale viene realizzato, indica il disco stesso. Per la riproduzione sonora di un disco viene impiegato un giradischi collegato a un amplificatore; generalmente un giradischi permette di ascoltare dischi di diverso diametro e velocità di rotazione.

Solchi di un disco in vinile

Storia:

Nel 1948 furono introdotti i dischi in vinile; questi, rispetto ai vecchi dischi a 78 giri in gommalacca che andarono a sostituire, presentano un solco di spessore e profondità minori grazie alla nuova gamma di equalizzazione RIAA, per questo sono anche detti "microsolchi", e ruotano a velocità più bassa, consentendo una maggiore durata di registrazione e riuscendo a raggiungere e a volte a superare nei 33 giri i 30 minuti a facciata.

Negli anni sessanta furono prodotti anche dischi quadrifonici che, grazie ad una tecnologia detta a matrice adottata nei circuiti, erano in grado di separare i segnali su quattro canali, dando all'ascoltatore l'impressione di essere letteralmente circondato dal suono poiché l'impianto riproduttore era dotato di due casse acustiche anteriori e due posteriori. Questa tecnica ebbe uno scarso successo commerciale, probabilmente a causa degli alti costi dell'apparecchio riproduttore, in particolare delle testine con puntina in diamante con taglio Shibata necessarie per la riproduzione quadrifonica, in un'epoca in cui anche gli impianti in grado di riprodurre i soli dischi stereofonici erano ancora un lusso.

Fino agli anni settanta il vinile è stato il più diffuso supporto per la riproduzione audio di materiale pre-registrato, ma all'inizio degli anni settanta la sua preminenza è stata insidiata dalle musicassette e alla fine degli anni ottanta il vinile ha ceduto progressivamente il posto al compact disc (CD Audio). La produzione su larga scala di dischi in vinile è praticamente cessata nei primi anni novanta (in Italia fino al 1993).

Dalla seconda metà degli anni duemila il disco in vinile è tornato negli scaffali dei negozi, essenzialmente come prodotto di nicchia. I dati di consuntivo 2011 stilati dall'istituto Nielsen SoundScan indicano un aumento da 2,8 a 3,9 milioni di LP in vinile venduti negli USA. Anche in Italia la produzione e la vendita del vinile, ristampe in particolare, hanno ripreso quota. Molti sono gli artisti che stampano i loro lavori anche su vinile.

Il vinile più caro del mondo è il 45 giri Do I Love You (Indeed I Do) del 1965 di Frank Wilson stampato in sole due copie e acquistato per 20.000 sterline (22.484 Euro al cambio attuale), mentre il 33 giri più caro è Yesterday and Today dei Beatles nella "Butcher Cover" che può costare fino a 45.000 dollari, anche se mediamente ha un valore massimo di 20.000 dollari.

Do i love you (Indeed i do) Yesterday and today

I due dischi più cari del mondo

Link dettagliato sull'equalizzazione RIAA

Caratteristiche:

Si presenta come una piastra circolare recante su entrambe le facce un solco a spirale, inciso a partire dal bordo esterno, in cui è codificata in modo analogico la registrazione dei suoni. Le migliori qualità del vinile (PVC) rispetto alla gommalacca permisero di ridurre lo spessore dei solchi, diminuire il passo della spirale e abbassare la velocità di rotazione da 78 a 33⅓ giri per minuto, ottenendo così una maggiore durata di ascolto che raggiunse circa 30 minuti per facciata nei Long-Playing (LP), con punte massime di circa 40 minuti per lato, specialmente per le opere liriche.

Sono stati prodotti anche dischi con diametri diversi, per esempio 16 pollici usato in ambito radiofonico, e con velocità di rotazione diverse come per esempio 16,6 giri al minuto per ottenere una maggiore durata, sebbene a scapito della fedeltà. I dischi a 16 giri furono prodotti per lo più negli anni cinquanta e sessanta, soprattutto negli USA. Le dimensioni di un 16 giri, contrassegnato dalla sigla LLP, sono le stesse di un LP 33 giri (12 o 10 pollici) e la durata della riproduzione è di circa 60 minuti per facciata. In Italia la produzione di 16 giri fu scarsissima, la Durium e la Fonit adottarono questa velocità in alcune edizioni musicali.

I dischi a 78 giri e i primi dischi microsolco erano registrati con il segnale di un solo canale, erano perciò detti monofonici. Negli anni trenta venne ideata una tecnica che permetteva di incidere contemporaneamente due segnali su un'unica traccia, sfruttando oltre al movimento orizzontale dello stilo, fino ad allora utilizzato, anche quello verticale (profondità). Registrando il segnale di somma (destro + sinistro) con movimenti orizzontali e il segnale di differenza (destro - sinistro) con movimenti verticali dello stilo, fu possibile inscrivere nel solco entrambi i canali necessari ad una riproduzione stereofonica, mantenendo comunque la retrocompatibilità con i giradischi monofonici dotati di fonorivelatore sensibile solo alle oscillazioni orizzontali della puntina. L'effetto di questa tecnologia, che fu commercializzata a partire dagli anni sessanta e si affermò solo nel corso degli anni settanta, era la possibilità di riconoscere la provenienza spaziale dei suoni: destra, sinistra e anche l'immagine sonora virtuale centrale e di profondità.

Stereo-Mono

Differenza stereo - mono

Formati di disco:

Diametro Velocità di rotazione
Denominazione comune
Durata approssimativa per facciata
Pollici Centimetri Giri al minuto Minuti
12 30.0 33 1/3 Long playing (LP) o 33 giri 15'-20'
12 30.0 45 - 33 1/3 Maxi Single, Mix, EP o 12" 15'
10 25,0 45 - 33 1/3 10", EP 10" o LP 15'-20'
10 25,0 16 LP, 16 giri 60'
7 17,5 45 - 33 1/3 EP 7" 5'-7'
7 17,5 45 Singolo, 45 giri o 7" 3'
5 12,7 45 Split, EP 3'

Formati magnetici:

Sono supporti di memorizzazione a memoria magnetica costituiti da una sottile striscia di materiale plastico, rivestita di un materiale trattato con polarizzazione magnetica.

Bobine aperte (reel to reel):

La bobina aperta (reel to reel in inglese) è un formato magnetico che, a differenza della musicassetta, lascia un'estremità del nastro libera. Diffusa soprattutto nella seconda metà del XX secolo, è rapidamente decaduta a partire dall'inizio degli anni 2000 quando le tecniche di registrazione digitale l'hanno resa obsoleta.

Storia:

il formato a bobina aperta fu usato nei primi registratori a nastro, come il Magnetophon K1 tedesco degli anni trenta, prodotto dalla AEG in collaborazione con la Telefunken. Il termine bobina aperta non era usato nei primi tempi, ma fu coniato nei primi anni sessanta quando entrarono in commercio le cartucce stereo 8 e le musicassette. I nastri a bobina aperta furono usati anche come memoria di massa per computer, videoregistratori e in registratori audio di alta qualità, con formati sia analogici che digitali, prima dell'avvento della registrazione su hard disk. Tra le ultime macchine a bobine prodotte, i registratori Digital Audio Stationary Head alla fine degli anni novanta.

Il formato fu sviluppato commercialmente nella seconda metà degli anni quaranta dal tecnico statunitense Jack Mullin, insieme a Bing Crosby. Durante la seconda guerra mondiale, Mullin servì nell'esercito in un'unità assegnata allo studio delle attività radio tedesche. Venne così in possesso di due Magnetophon e di cinquanta bobine della I.G. Farben. Dedicò i due anni successivi al miglioramento delle apparecchiature per scopi commerciali, pensando soprattutto all'uso cinematografico della registrazione magnetica.

Mullin diede una dimostrazione del suo sistema presso gli studi MGM nel 1947, suscitando l'interesse di Bing Crosby che ne intravide immediatamente l'utilità per pre-registrare i suoi spettacoli alla radio. Crosby investì 50.000 dollari in una compagnia locale, la Ampex, per permettere a Mullin di sviluppare una versione commerciale del suo prototipo. Usando i suoi registratori e con Mullin come tecnico del suono, Bing Crosby divenne il primo a vendere registrazioni su nastro e a registrare regolarmente i suoi spettacoli in anticipo. La Ampex e Mullin svilupparono in seguito la registrazione stereo e multitraccia, basata sul sistema inventato da Les Paul, a cui Crosby diede uno dei primi Ampex 200 nel 1948. Negli anni successivi, la Ampex sviluppò il primo videoregistratore, per registrare gli spettacoli televisivi di Bing Crosby.

I registratori a bobina aperta economici divennero di largo impiego per la registrazione della voce in ambienti domestici e scolastici prima dell'introduzione della musicassetta Philips nel 1963. Il successo delle cassette come supporto fu velocissimo, anche se a discapito della qualità, per via delle tracce strette e della velocità del nastro ridotta. Sull'esempio di Bing Crosby, i registratori a bobine ad alta velocità divennero ben presto il metodo di registrazione principale impiegato da audiofili e professionisti, fino agli anni ottanta quando le tecnologie digitali applicate all'audio permisero l'uso del DAT e degli hard disk. Nel campo della videoregistrazione, dall'adozione del betacam in poi l'uso dei formati a bobina aperta scese rapidamente fino a scomparire, anche se esistono grandi archivi soprattutto del formato da 1 pollice standard C.

Jack Mullin Bing Crosby

Jack Mullin e Bing Crosby

Caratteristiche ed utilizzo:

Nell'uso comune, l'estremità libera del nastro viene fatta passare attraverso il gruppo delle testine di registrazione e i meccanismi di trascinamento, e agganciata a una bobina uguale ma vuota; il lato magnetizzato che si vuole riprodurre è rivolto verso i circuiti. I primi sistemi di registrazione a bobina aperta utilizzavano un filo metallico come supporto, molto robusto ma che presenta problemi di scarsa qualità dell'audio, necessità di una forte corrente di registrazione e problematiche relative al montaggio fisico, oltre al fatto che il filo può incepparsi o spezzarsi. L'invenzione dell'acetato di cellulosa permise di realizzare un nastro di plastica ricoperto da ossido di ferro, risolvendo questi problemi e aprendo la strada all'utilizzo in studio. Il filo metallico fu usato anche nelle scatole nere per aviazione negli anni cinquanta.

Il grande vantaggio del nastro era la sua giuntabilità: permetteva lunghe sessioni di registrazione senza il limite dei 30 minuti del disco fonografico, e consentiva il montaggio manuale, tagliando e incollando il nastro. Per la prima volta, l'audio della registrazione era manipolabile come entità fisica, e questa tecnica è in uso ancora oggi: per giuntare il nastro si usano sia un nastro adesivo particolarmente sottile, sia un collante formulato in modo da non lasciare residui.

Il taglio del nastro è di solito fatto diagonalmente, così che un eventuale disturbo audio causato dal taglio venga diluito in alcuni millisecondi di registrazione. L'uso delle bobine aperte ha un altro vantaggio: rende anche molto semplice per il montatore muovere manualmente il nastro per individuare il punto giusto per effettuare il taglio. Un effetto negativo del taglio diagonale è che sulle registrazioni stereo il taglio avviene su un canale un po' prima che sull'altro. Con alcune differenze pratiche, questa tecnica è concettualmente la stessa che si usava con i videoregistratori da 2 pollici prima dell'avvento delle centraline di montaggio, ed è possibile perché questo formato adotta la scansione verticale invece della scansione elicoidale. Il montaggio fisico del nastro è possibile anche con i nastri audio digitali DASH, la cui correzione di errore è tanto sofisticata da permettere un taglio senza disturbi. Le prestazioni della registrazione dipendono in buona misura dalla larghezza delle tracce magnetiche sul nastro, e dalla sua velocità. Più le tracce sono larghe e più il nastro scorre velocemente, tanto più la qualità sarà alta.

Questi fattori comportano un miglioramento della risposta in frequenza, rapporto segnale/rumore, e distorsione delle alte frequenze. Il nastro può essere suddiviso in tracce multiple parallele, ognuna delle quali può essere registrata indipendentemente dalle altre. Questo permette un controllo molto maggiore della registrazione finale, e la registrazione può essere remixata anche molto tempo dopo essere stata effettuata.

Bobina Registratore Teac

Registratore a bobine Teac e bobina di nastro

Schema registrazione nastro

Schemi delle possibili registrazioni effettuabili su un nastro in base al tipo di testina impiegata

Cassette stereo 8:

Lo Stereo8 (anche Stereo-8, 8-track o 8-track cartridge) è uno standard di registrazione audio su nastro magnetico; il termine identifica anche il formato del supporto, sostanzialmente un contenitore di nastro magnetico, diverso dalle più diffuse audiocassette che nacquero e si diffusero nello stesso periodo.

Utilizzato negli anni sessanta e settanta del XX secolo, periodo in cui fu piuttosto popolare soprattutto nelle autoradio, come formato di registrazione inizialmente fu utilizzato solo dall'industria discografica per la commercializzazione di musica. Per l'utenza comune infatti i riproduttori e registratori Stereo8 furono resi disponibili in commercio solo dopo vari anni. La particolarità del nastro Stereo8 è la bobina unica riprodotta a ciclo continuo che, diversamente dalle audiocassette, non necessita di essere girata per suonare gli altri brani.

Storia:

Nacque nei primi anni sessanta principalmente come formato per la riproduzione musicale in auto soprattutto per la sua comodità in quanto, oltre al formato ridotto, alla facilità di trasporto e di utilizzo, le tracce registrate scorrevano in automatico e all’infinito e i lettori erano economici e garantivano buona qualità audio.

I primi prototipi degli "8-track cartridge", questo il nome originale americano, vennero progettati dall'americano Bill Lear nel 1964 che creò un consorzio con alcune fabbriche automobiliste americane (Ford Motor Company, General Motors) e con la Ampex, azienda produttrice di nastri magnetici, la Motorola e l'etichetta discografica RCA Victor. I primi lettori commerciali vennero offerti come optional sulle vetture Ford; essi ebbero successo, poiché facili da trasportare e utilizzare. Successivamente vennero presentati lettori portatili e lettori-registratori anche per uso Hi-Fi domestico. Una delle prime major a impiegare il formato fu la RCA.

In Italia lo Stereo8 cominciò a diffondersi a partire dal 1967, promosso dal produttore italiano di apparecchi radio-TV Voxson, che lanciò una gamma di autoradio dotate di lettore denominata "Sonar". Tuttavia, diversamente da quanto avvenne negli Stati Uniti, in Europa subì fin dall'inizio la forte concorrenza della musicassetta (più piccola e agevole, in commercio già dal 1965) e cominciò a perdere velocemente mercato verso la metà degli anni '70. Nonostante questo durante la prima metà di tale decennio la quasi totalità delle edizioni su vinile e musicassetta ebbe anche la corrispondente stampa su Stereo8. Tra le etichette discografiche che produssero edizioni in questo formato ci furono la RCA italiana (anche con la serie RCA Lineatre), la Dischi Ricordi - Orizzonte, la CGD e la CBS. Il formato venne definitivamente abbandonato nel 1983.

Autoradio Voxson Cassetta stereo 8 Renato Zero - zerofobia - 1977

Un'autoradio a cassette stereo 8 e una cassetta dell'epoca

Funzionamento:

I supporti su cui era basato il sistema erano dei contenitori in materiale plastico definiti cartucce, contenenti un nastro avvolto in modo continuo e ad anello su una singola bobina; la fine e l'inizio del nastro erano giuntati insieme. Il nastro veniva sfilato dal centro della bobina, passava negli organi di trascinamento e riproduzione del lettore e veniva infine recuperato all'esterno della bobina stessa. Il nastro era dotato di una sezione metallica in corrispondenza della giunzione, che, passando su dei contatti elettrici situati nel lettore, chiudeva il circuito di un elettromagnete che spostava la testina del lettore sul paio di tracce successive.

La cartuccia comprendeva anche un rullo di gomma o plastica denominato pinch roller che serviva a pressare il nastro sull'albero di trazione del lettore, denominato capstan, consentendone il trascinamento; erano presenti anche dei feltrini montati su molle, necessari a fare aderire il nastro alla testina di lettura ed ai contatti elettrici dell'elettromagnete di cambio traccia.

Il nastro Stereo8 era alto 1/4 di pollice, scorreva ad una velocità di 9,5 cm/s ed era dotato di uno strato di grafite sulla faccia insensibile allo scopo di diminuire gli attriti e disperdere le cariche elettrostatiche dovute allo strofinamento reciproco delle spire di nastro nella bobina; era registrato su 8 tracce (da cui il nome), che venivano lette 2 alla volta in stereofonia, permettendo di registrare 4 diversi programmi musicali su una singola cartuccia.

Cassetta stereo 8 all'interno Le 8 tracce in cui il nastro è suddiviso

Interno di una cassetta e suddivione del nastro in 8 tracce

Musicassette:

La musicassetta è un dispositivo a memoria magnetica, che memorizza dati e informazioni in sequenza su nastro magnetico. È composta da due bobine, racchiuse in un contenitore di materiale plastico, che raccolgono il nastro magnetico utilizzabile su ambo i lati (generalmente identificati come lato "A" e lato "B") per registrare o riprodurre materiale sonoro. Ne venne prodotta una versione di dimensioni ridotte, detta microcassetta. Ideata dalla Philips agli inizi degli anni sessanta, ha avuto grande diffusione fino agli anni novanta, diventando, insieme ai dischi in vinile, uno dei supporti più diffusi per la distribuzione e l'ascolto di contenuti audio, per poi cadere velocemente in disuso agli inizi degli anni duemila, con il diffondersi prima del compact disc e poi della musica liquida.

Storia:

L'audiocassetta fu sviluppata nel 1962 dall'ingegnere olandese Lou Ottens e il relativo brevetto fu registrato nel 1963 dalla Philips come Compact Cassette. In origine era costituita da una certa quantità di nastro magnetico prodotto dalla BASF racchiusa in un involucro protettivo in materiale plastico. Negli stessi anni furono sviluppati altri sistemi a cartuccia di nastro (come lo Stereo-8), ma l'audiocassetta si affermò con il supporto della Philips denominato Compact Cassette e lanciato sul mercato nello stesso 1963. Il numero di tracce registrabili sul nastro dipendeva dalle testine del riproduttore di cassette adoperato. La produzione di massa cominciò nel 1965 ad Hannover in Germania e contestualmente le case discografiche pubblicarono album sia su disco in vinile che su musicassetta, iniziando la vendita di nastri preregistrati. Con i primi modelli monofonici era possibile registrare una traccia per ogni senso di scorrimento capovolgendo la cassetta in un riproduttore di cassette in modo analogo a quanto avviene con i dischi in vinile. In seguito si passò a lla stereofonia con due tracce per lato e si ebbero anche modelli semiprofessionali a quattro tracce per un solo lato, con cui operare registrazioni multitraccia. La diffusione dell'audiocassetta fu enorme, per diversi fattori: maneggevolezza (può registrare in poco spazio una quantità considerevole di materiale), versatilità (può essere usata per registrare e riprodurre musica ma anche contenuti di altro tipo, come interviste, dettature, conferenze e messaggi vocali), facilità d'utilizzo (sia per la riproduzione che per la registrazione), economicità e facilità di duplicazione.

In breve tempo la musicassetta divenne il supporto preferito per la registrazione di brani musicali e per l'ascolto di musica nelle automobili, relegando il concorrente Stereo8 a prodotto di nicchia. Per molti anni, musicassetta e disco in vinile furono gli unici supporti con diffusione capillare. Un'ulteriore spinta alla diffusione della musicassetta venne dal Walkman, un dispositivo messo in commercio nel 1979 dalla multinazionale giapponese Sony che consentiva l'ascolto di musica in audiocassetta ovunque tramite cuffie. La qualità del nastro magnetico si è evoluta nel corso degli anni per soddisfare le più svariate esigenze: al nastro "normale" fu affiancato il nastro al "cromo", dalle performance migliori, al quale in seguito si aggiunsero quello al "ferrocromo" e quello totalmente in ferro, detto "metal", particolarmente apprezzato dagli audiofili. La comparsa del CD audio nei primi anni ottanta non scalfì la diffusione dell'audiocassetta per l'uso domestico. Sebbene il CD, in quanto supporto digitale, garantisse una migliore conservazione delle registrazioni e, generalmente, una miglior qualità di riproduzione, l'audiocassetta consentiva una facilità di registrazione che, all'epoca, era impossibile ottenere con il CD in ambiente domestico. Fino alla fine degli anni novanta, l'audiocassetta fu il principale supporto su cui trovavano posto registrazioni casalinghe, compilation, duplicazioni o trasferimenti da altre sorgenti audio. Con la crescente diffusione dei masterizzatori tale possibilità si estese anche ai CD, ma l'audiocassetta rimase, per diverso tempo, l'unico dispositivo in grado di permettere la registrazione in tempo reale, nonché la possibilità di riutilizzare e sovrascrivere uno stesso supporto fisico più volte. All'inizio degli anni 2000, con la massiccia diffusione di nuove memorie di massa e tecnologie digitali come lettori mp3, memorie flash e masterizzatori DVD, l'utilizzo del nastro magnetico diminuì rapidamente. Attualmente, in ambito casalingo, i nuovi supporti digitali garantiscono una capacità di memorizzazione e una qualità audio notevolmente superiore al nastro magnetico, oltre alla possibilità di creare, memorizzare e cancellare dati in maniera istantanea e per un numero illimitato di volte.

A partire dagli anni 2000 la maggior parte delle case discografiche cessò di utilizzare le musicassette come supporto commerciale (salvo alcune eccezioni), mentre quelle vergini furono ancora prodotte in maniera rilevante sino al 2010 da un ristretto numero di produttori (TDK, Sony, Maxell e BASF con il marchio EMTEC a partire dal 2000), sebbene con un'offerta limitata in qualità e durata della registrazione (C46, C60, C90 e C120 erano ancora facilmente reperibili, più rari i formati C50, C54, C70, C74 e C100). Anche le case discografiche e gli artisti smisero di produrre album in formato musicassetta, ad eccezione di pochi gruppi musicali. Ad oggi, nastri vergini possono essere ancora reperiti su piattaforme di e-commerce come Ebay e vengono ancora prodotti da due sole aziende: la National Audio Company Inc. di Springfield e l'italiana Tape It Easy.

Musicassetta TDK Logo iniziale delle musicassette

Musicassetta TDK e logo "Compact Cassette"

Caratteristiche:

Nastro magnetico

Il nastro magnetico contenuto nell'audiocassetta è definito come da 1/8 di pollice (3,17 mm). In realtà è leggermente più alto, misurando infatti 0,15 pollici (3,81 mm). Erano disponibili in commercio cassette per registrazione di diversa durata (ad esempio da 46, 60, 90 e 120 minuti) che utilizzavano quattro tipi di nastro magnetico. Per ottenere l'alta fedeltà si è sperimentato sulla composizione del nastro magnetico; il diossido di cromo (CrO2) è stata la prima soluzione, ma richiedeva speciali bias ed equalizzazione da parte dei riproduttori di cassette, oltre a un interruttore per selezionare il tipo di nastro. Tra il 1970 e la metà degli anni '90 varie aziende (Sony, TDK, Maxell, BASF, Philips) commercializzarono cassette, suddivise, in ordine di qualità di resa e di prezzo, secondo quattro tipi unificati di nastro:

  • IEC I - ossido di ferro (tipo I - Fe2O3);
  • IEC II - biossido di cromo (tipo II - CrO2);
  • IEC III - ferrocromo (tipo III - FeCr);
  • IEC IV - ferro puro (tipo IV - Fe).

Il tipo I, detto anche nastro normale, fu il primo tipo di nastro introdotto; è quello più economico e dalle caratteristiche meno performanti, ma rimane comunque più versatile, essendo adatto a tutti gli usi; è un nastro con un basso rapporto segnale-rumore e una buona modulazione sia dei toni alti che di quelli bassi.

Il tipo II, indicato anche come "nastro al cromo" e riconoscibile dalla colorazione più scura, venne introdotto nel 1970 allo scopo di garantire una migliore qualità del suono registrato. Inizialmente si trattava di nastri al biossido di cromo, mentre a partire dalla metà degli anni settanta vennero prodotti nastri di tipo II al cobalto e ossido di ferro. Rispetto al tipo I si ha una migliore modulazione degli acuti, ma è più carente sui toni bassi. Risulta particolarmente indicato per la registrazione da fonti digitali come CD ed MP3.

Il tipo III, detto anche "nastro al ferrocromo", fu introdotto negli anni settanta per unire i vantaggi dei tipi I e II, attraverso una composizione del nastro intermedia tra quelli normali e quelli al cromo. Dotato di una buona risposta sia sugli alti che sui bassi, non introduceva però grosse migliorie rispetto al tipo II ed è stato prodotto fino ai primi anni ottanta, quando fu soppiantato dal nastro di tipo IV.

Il tipo IV, detto anche "Metal", rappresenta il tipo di nastro più pregiato. Introdotto nel 1979 , è dotato di un'ottima modulazione degli acuti. Si trattava del nastro più costoso, oltre che più performante, benché nelle prime versioni tendesse a sporcare e usurare maggiormente le testine, soprattutto nei primi esemplari. È stato prodotto fino agli anni novanta, quando i progressi ottenuti nella lavorazione dei nastri di tipo I e II hanno reso minimo il divario con il tipo IV. È comunque ancora ricercato dagli appassionati di musica su nastro per le sue qualità.

A eccezione del tipo III la tipologia di nastro è desumibile anche da alcuni fori posti sul lato superiore della cassetta: il nastro tipo II presenta infatti due fori accanto alle linguette usate per prevenire le registrazioni accidentali; le cassette di tipo IV presentano due ulteriori fori al centro del lato superiore. Le cassette di tipo I, invece, non presentano fori aggiuntivi. L'uso di questi fori è stato introdotto per consentire la rilevazione automatica del tipo di nastro da parte dei registratori e dei riproduttori di cassette; in precedenza sugli apparecchi erano presenti selettori manuali del tipo di nastro.

Durata della riproduzione

La lunghezza del nastro è normalmente misurata in minuti, che indicavano la durata complessiva della riproduzione considerando entrambi i lati. I formati più diffusi erano:

  • C46: della durata di 23 minuti per lato.
  • C60: della durata di 30 minuti per lato.
  • C90: della durata di 45 minuti per lato.
  • C120: della durata di 60 minuti per lato.

Sono state inoltre prodotte anche cassette di durata inferiore a 30 minuti (C10, C15 e C20), sia per usi musicali, sia per uso informatico. Formati ancora minori furono usati per contenere jingle, spot pubblicitari e brevi messaggi vocali (come quelli dei risponditori automatici); in questi casi venivano spesso usate cassette a ciclo continuo, la cui durata era misurata in secondi e spesso era di un minuto. Tali cassette possono essere riprodotte per un tempo indefinito, poiché il nastro è sistemato a formare un anello, e una volta raggiunto il punto finale del contenuto registrato si riprende la riproduzione dal punto iniziale.

Lo spessore del nastro varia a seconda della lunghezza dello stesso, con il risultato che i nastri più lunghi sono anche più sottili per consentire alla cassetta di contenere interamente la bobina, e per non affaticare eccessivamente il capstan nel compito di trascinare il nastro. Nelle C46 e nelle C60 lo spessore è di 15-16 micrometri, mentre nelle C90 questo si riduce a 10-11 µm, che diventano 9 µm nelle C120. Chiaramente, in quest'ultimo caso il nastro risulta molto più fragile e necessita di una maggior cura; inoltre, il ridotto spessore tende di per sé a pregiudicare la qualità del suono registrato, salvo l'adozione di particolari accorgimenti nella produzione che rendono affidabili anche i nastri più sottili (per questo motivo, i nastri da 120 minuti erano spesso quelli con il maggior rapporto prezzo/lunghezza).[8] Riducendo ulteriormente lo spessore del nastro, sono stati prodotti nastri ancora più sottili, arrivando fino a 180 minuti di spazio totale. Le cassette della durata maggiore di 120 minuti sono state tuttavia prodotte molto raramente; tra le eccezioni degne di nota prodotte in tempi più recenti ci sono i modelli AE 150 (Tipo I), CDing1 150 (Tipo I) e CDing2 150 (Tipo II) della TDK, le CDix I 150 (Tipo I) della Sony e le UR 150 (Tipo I) della Maxell.

Nel periodo 1972-1982 la TDK ha messo in commercio anche dei nastri da 180 minuti (TDK D-C180), di tipo I; tale nastro era particolarmente fragile e sottile, al punto da risultare trasparente. Non di rado si sono avuti problemi con questo tipo di cassetta, che andavano dalla difficoltà nello scorrimento veloce alla migrazione magnetica tra spire adiacenti di una bobina, passando per la più facile deformazione del nastro, che era anche più soggetto a rimanere incastrato nel meccanismo di trascinamento dello stesso. In virtù di questi problemi e del fatto che la qualità del suono registrato era pesantemente condizionata, le C180 sono state presto ritirate dal mercato e rappresentano oggi dei veri tesori tra i collezionisti. Nastri ancora più lunghi, fino a 240 minuti, sono stati progettati ma mai messi in commercio.

Protezione dalla cancellazione

La cassetta è provvista di un meccanismo di protezione dalla scrittura, utilizzabile per prevenire la cancellazione accidentale di quanto già registrato. Per ogni facciata, sul lato superiore del contenitore, è presente una linguetta di plastica; tale linguetta può essere rimossa, aprendo così un piccolo foro. Un sensore del registratore (o più semplicemente una piccola levetta meccanica) rileva la presenza di questo foro e, tramite un accorgimento meccanico o collegandosi a un dispositivo elettronico, impedisce che venga attivata la funzione di registrazione. Per proteggere dalla cancellazione il lato corrente occorre liberare il foro in alto a sinistra (osservando la cassetta in modo da avere l'apertura del nastro in basso). La funzione di protezione può comunque essere rimossa, su cassette già protette, coprendo nuovamente il foro, per esempio con del nastro adesivo, analogamente alle VHS, che però, avendo un solo lato, hanno anche un solo foro.

Funzionamento:

Il nastro viene raccolto su due bobine; rispetto al lato che si ascolta (o si registra), la bobina di destra è dedicata alla raccolta del nastro già utilizzato, mentre quella di sinistra contiene il nastro da svolgere. Il nastro è saldamente attaccato alle due bobine tramite appositi spinotti di fissaggio, che garantiscono che il nastro non si distacchi dalle bobine in caso di avvolgimento veloce o di trazione prolungata dopo la terminazione del nastro. Generalmente, per non danneggiare le parti di nastro che si trovano alle estremità (e per sfruttare pienamente la superficie registrabile), il nastro non è direttamente attaccato alle bobine, ma possiede dei brevi prolungamenti di plastica connessi a loro volta alle bobine.

Una volta che l'audiocassetta viene inserita in un lettore, il nastro viene fatto scorrere su una testina, la quale viene a contatto con il nastro grazie a un'apertura centrale sul lato inferiore della cassetta. La testina riceve il segnale magnetico impresso sul nastro e lo converte in un segnale elettrico che dà origine al suono. Per fare sì che il nastro aderisca alla testina, le audiocassette sono dotate di una spugnetta che permette il contatto durante il trascinamento, senza peraltro danneggiare il nastro.

Oltre alla riproduzione, la stessa testina permette anche la registrazione di un segnale magnetico sul nastro, frutto della conversione di un segnale elettrico, secondo un meccanismo inverso rispetto a quello applicato durante la riproduzione. Un'altra apertura, posta più a sinistra, permette la cancellazione del nastro per mezzo di un'altra testina; in questo modo , un nastro usato può essere ripulito e, subito dopo, registrato. Il trascinamento avviene a una velocità costante di 4,76 cm/s (1 + 7/8 pollici al secondo), grazie alla rotazione di un piedino metallico, denominato capstan, che viene a contatto con il nastro grazie a un foro trasversale in cui il capstan va a entrare. L'aderenza tra il capstan e il nastro è assicurata da un rullo pressore , ricoperto di gomma, che assicura il trascinamento e che va a premere il nastro sul capstan grazie a un'apertura posta sulla destra del lato inferiore della cassetta.

Diversamente dalle cassette dello Stereo8, il rullo non è parte della cassetta ma del lettore. Ad assicurare l'allineamento del nastro con il sistema di testine, capstan e rullo pressore vi sono delle guide; due di queste si trovano direttamente nella cassetta, alle estremità del lato inferiore, mentre due fori trasversali permettono l'inserimento di due guide dell'apparecchio. Il nastro, generalmente, possiede quattro piste longitudinali in cui viene registrato il suono, due per lato; per ciascuna facciata, c'è una pista per il canale sinistro e una per il canale destro (che si fondono in un'unica pista per le registrazioni monofoniche). Esistono altresì sistemi di registrazione professionali che consentono la registrazione (e la riproduzione) di più di due piste audio sullo stesso lato. Per evitare che la rotazione delle bobine crei troppo rumore sfregando sull'involucro, e per facilitare il riavvolgimento/svolgimento del nastro, l'involucro della cassetta è dotato all'interno di due foglietti anti-attrito di materiale plastico, che hanno anche lo scopo di permettere che le bobine siano avvolte in modo ordinato.

Funzionamento della cassetta

Schema riproduzione audiocassette

Come è fatta una musicassetta

Come è fatta un audiocassetta

Uso nell'audio:

L'audiocassetta fu inizialmente concepita per l'uso nei dittafoni, per i quali la fedeltà della riproduzione non era particolarmente critica, ma presto, grazie alla sua praticità e compattezza ed alla buona resa acustica, divenne uno strumento popolare anche per l'ascolto di musica preregistrata. Dalla metà degli anni settanta la qualità del nastro fu nettamente e progressivamente migliorata passando da supporti magnetici realizzati esclusivamente prima con ferro o ferrite a supporti con cromo, ferricromo e successivamente in una lega metallica appositamente studiata (cassette metal).

Sotto il profilo della qualità di riproduzione, il limite dell'audiocassetta era rappresentato dalla ridotta velocità di scorrimento del nastro pari a soli 4,75 centimetri al secondo. Tale ridotta velocità consentiva la registrazione di un normale programma musicale (per esempio un intero LP o una sinfonia) su un tratto di nastro relativamente breve, permettendo le ridotte dimensioni della cassetta. La ridotta velocità di scorrimento non era solo la causa del rumore di fondo (il caratteristico "fruscio" delle cassette) ma era anche un limite nella riproduzione dei suoni più acuti dello spettro sonoro.

Con il miglioramento del supporto magnetico e la concomitante produzione di sempre più sofisticati apparecchi per la registrazione e riproduzione di compact cassette, l'audiocassetta riuscì a ridurre la differenza qualitativa rispetto alle classiche e costose bobine singole, quantomeno negli impianti Hi-fi domestici; inoltre la cassetta rappresentava il modo più conveniente e agevole per ascoltare musica al di fuori dell'ambiente domestico, principalmente in automobile. Tra le tecnologie introdotte nei registratori per migliorare la qualità audio vanno ricordati i sistemi di riduzione del rumore (Dolby B/C/S, DBX e DNL) e quelli per l'aumento della dinamica (HX Pro, DYNEQ, ADRES e HIGH COM). Nella gara ingaggiata dai costruttori di lettori di cassette per produrre sempre migliori apparecchiature Hi-fi, vale la pena di ricordare il Nakamichi 1000 del 1973, noto per la qualità cristallina del suono riprodotto con audio cassette.

A partire dal 1979, con l'introduzione del riproduttore portatile Walkman della Sony, la popolarità della musicassetta aumentò ulteriormente, per poi diminuire di colpo prima con l'avvento dei CD masterizzabili e dei lettori CD portatili, e in seguito a causa della diffusione della cosiddetta musica liquida e dei relativi riproduttori.

Nakamichi 1000

Nakamichi 1000

Uso nell'informatica:

Molti dei primi microcomputer supportarono la registrazione di dati su cassette come supporto di memoria di massa già dagli anni settanta, spesso utilizzando lo standard Kansas City. Gran parte degli home computer a 8 bit di fine anni settanta e degli anni ottanta hanno ampiamente utilizzato la musicassetta per la registrazione dei dati: tra di essi per esempio il Commodore 64 , che era dotato di un registratore denominato Datassette, lo ZX Spectrum e lo standard MSX. Alcuni modelli, come l'Amstrad CPC 464, hanno utilizzato un registratore di cassette integrato direttamente nell'unità centrale, insieme alla tastiera. Per gli home computer a 16 bit invece si adottarono da subito sistemi più avanzati, con eccezioni come il precoce TI-99/4A che utilizzò ampiamente le cassette. Anche per il PC IBM c'era la possibilità di utilizzare cassette, ma nella pratica venne abbandonata quasi subito, e generalmente non era contemplata per i sistemi di fascia alta.

Le ragioni fondamentali della scelta tecnologica dell'uso di audiocassette erano legate al basso costo del supporto e dei relativi dispositivi di lettura, al tempo già largamente diffusi. La tipica alternativa alla cassetta era il floppy disk, che consente velocità di lettura e scrittura più alta e accesso non sequenziale ai dati, ma aveva un costo sensibilmente maggiore sia dei singoli supporti sia dei lettori. Nella maggioranza dei casi la cassetta veniva registrata con dispositivi analoghi a quelli utilizzati in campo audio o con normali registratori connessi al computer, utilizzando una tecnica di modulazione denominata FSK. La quantità di dati che la maggior parte dei microcomputer poteva registrare su un lato di una "C90" era di circa 500 kByte, per l'epoca una quantità enorme, a prezzo però di una scarsa affidabilità del supporto (gli errori di lettura, specie se si utilizzavano algoritmi di compressione, come il famoso "turbo tape" del Commodore 64, erano piuttosto frequenti).

In Nordamerica l'utilizzo delle musicassette come memorie di massa per i computer casalinghi cessò rapidamente, già nei primi anni ottanta, in favore dei floppy. Entro metà decennio le pubblicazioni commerciali americane per computer a 8 bit come Apple II, Atari 8-bit e Commodore 64 divennero unicamente su floppy. In Europa invece la cassetta rimase in uso per i principali home computer a 8 bit fino al termine della loro vita commerciale, avvenuto nei primi anni '90. Nel caso di sistemi come il Commodore 64 le cassette continuarono a convivere come alternative con i floppy da 5,25" e in misura minore anche con le cartucce. Talvolta, per i limiti tecnici delle cassette, i programmi applicativi e i videogiochi più complessi venivano prodotti solo su disco, oppure la versione disco presenta alcune funzionalità in più. Al contrario i software a basso costo, come i videogiochi budget o le produzioni da edicola, talvolta erano pubblicati ufficialmente solo su cassetta.

Mangiacassette del Commodore 64

Mangiacassette Commodore 64

Supporti digitali:

Sono supporti materiali che immagazzinano musica mediante l'uso di numeri. Trasformando quindi la fase di registrazione in “campionamento”. Immaginiamo il fenomeno del campionamento come il tentativo di trasformare l’onda analogica in tanti piccoli quadratini che seguano il più possibile la forma dell’onda sonora originale. Il risultato è che la musica in questo modo può venire digitalizzata, ovvero trasformata in un file che occupa spazio di memoria. Questo procedimento però, anche se in alcuni casi minima, porta ad una perdita di informazioni, poichè il segnale analogico può avere infinite frequenze. La qualità del file è determinata dalla frequenza di campionamento, ovvero dalla quantità di quadratini in cui viene trasformata l'onda.

paragone onda analogica-onda digitale paragone onda analogica-onda digitale

Segnale analogico - digitale

Compact disc (cd):

Il Compact disc (CD), è un tipo standardizzato di disco ottico utilizzato in vari ambiti per la memorizzazione di informazioni in formato digitale, che per la prima volta nella storia ha permesso di ovviare all'insuperabile limite di ogni supporto analogico precedente, cioè la progressiva usura che ne causava il peggioramento della qualità.

Compact Disc

Il logo del Compact Disc

Storia:

La sua genesi è dovuta alla ricerca, da parte del mondo della telefonia, di un sistema efficiente di moltiplicazione delle informazioni, attraverso la digitalizzazione e semplificazione dei segnali. L'applicazione congiunta del sistema numerico binario e del laser al suono diede vita al compact disc.

Nei primi anni il progetto fu inizialmente seguito da una joint venture tra DuPont e Philips. DuPont poteva vantare un'enorme esperienza nel policarbonato (inventato nel 1928 proprio da DuPont) e una forte presenza nei Paesi Bassi con un'installazione chimica a Dordrecht, vicino a Rotterdam. DuPont aveva inoltre già una joint venture con Philips, la sfortunata PDM (Philips-DuPont Magnetics, sponsor anche della squadra ciclistica PDM-Concorde) , per sviluppare nastri magnetici che utilizzassero altri due prodotti DuPont: il supporto in poliestere Cronar (invenzione DuPont del 1955) e l'ossido di cromo Crolyn (invenzione DuPont del 1956). DuPont aveva inoltre un'altra joint venture con British Telecom (BT&D) per sviluppare microlaser e fibre ottiche. C'erano perciò tutte le premesse per eccellenti sviluppi. Dopo i primi prototipi si riunì a Ginevra il management europeo per analizzare gli sviluppi del progetto e gli investimenti necessari. Tali investimenti comprendevano anche una possibile fabbrica in Italia, per utilizzare l'alluminio dell'Ilva.

Gli studi preliminari misero in luce che lo sviluppo del CD avrebbe consentito la creazione un disco con una capacità oltre 600 MB di dati e probabilmente oltre un'ora di musica in formato digitale. La cosa non entusiasmò i manager DuPont per via degli enormi investimenti richiesti: tenendo conto che i personal computer di allora avevano memorie da 64 KB a 4 MB e hard disk da 20 MB, la capacità del nuovo supporto sarebbe stata esagerata in confronto alle reali necessità dell'epoca. Anche per la musica era impensabile che il mondo intero sostituisse i giradischi e i registratori con i nuovi costosissimi lettori di dischi ottici (ed in effetti la cosa non avvenne a livello di massa fino agli anni ottanta del XX secolo). Il management DuPont rifiutò il progetto e chiese quindi a Philips di continuare da sola, costringendo così la stessa a cercare altre alleanze per lo sviluppo del supporto. Per qualche anno, comunque, rimase in vita la PDO (Philips-DuPont Opticals) che stampava CD con produzione in UK (principalmente musica) e USA (dati). La PDO chiuse nel 1990 per "divergenze di interessi".

Si può dire quindi che la vera paternità del CD sia da attribuire a Philips e DuPont, anche se DuPont non partecipò a nessuno sviluppo successivo ed uscì completamente dal progetto alla fase iniziale. Di fatto la progettazione del CD nella sua configurazione definitiva risale al 1979, e si deve ad una nuova joint venture della Philips con l'azienda giapponese Sony, la quale già dal 1975 stava sperimentando in modo indipendente la tecnologia per un disco ottico digitale.

Il 17 agosto 1982 il primo CD per utilizzo commerciale venne prodotto in una fabbrica della Philips ad Hannover in Germania: la Sinfonia delle Alpi di Richard Strauss diretta da Herbert von Karajan con la Berliner Philharmoniker. Il primo album pop ad essere stampato sul nuovo supporto fu The Visitors del gruppo svedese degli ABBA, ma il primo ad essere immesso sul mercato fu 52nd Street di Billy Joel, commercializzato dal 1º ottobre 1982 in Giappone insieme al lettore. Dal 2 marzo 1983, data in cui la CBS pubblicò 16 compact disc, il nuovo formato si diffuse rapidamente in tutto il mondo. Il primo CD a superare il milione di copie vendute fu l'album Brothers in Arms dei Dire Straits nel 1985. Nel febbraio dello stesso anno David Bowie divenne invece il primo artista ad avere il suo intero catalogo convertito nel nuovo formato, dopo che la RCA Records stampò i suoi primi 15 album su compact disc. In Italia il primo CD insignito del disco di platino per le vendite fu The Dream of the Blue Turtles di Sting nel 1986.

Dopo gli ultimi tracolli nelle vendite del mercato mondiale, nel febbraio del 2018 Sony ha chiuso l’ultima fabbrica di CD degli Stati Uniti, quella di Terre Haute nell’Indiana.

ABBA - The Visitors - Il primo Cd pop prodotto nella storia

ABBA - The Visitors - 1982

Descrizione:

Il compact disc è composto da un disco di policarbonato trasparente, generalmente di 12 centimetri di diametro, al cui centro si trova un foro di 1,5 centimetri di diametro dedicato all'albero di fissaggio del lettore CD, ed un'ulteriore area trasparente con un diametro di circa 2 cm (foro centrale compreso) dedicata ad un eventuale meccanismo atto a migliorarne l'aderenza all'albero di rotazione; la restante area del disco è accoppiata nella parte superiore ad un sottile foglio di materiale metallico sul quale, nella parte inferiore, vengono memorizzate le informazioni come successioni di elementi detti pits e lands, successivamente letti per mezzo di un laser (per questo motivo sono detti anche dischi ottici).

Struttura fisica:

I CD hanno una struttura paragonabile a quella dei normali dischi musicali: i dati sono ordinati lungo un'unica traccia a forma di spirale, un'organizzazione quindi molto diversa da quella dei dischi magnetici (hard disk e floppy disk). La spirale parte al centro (contrariamente ai dischi in vinile) e procede verso l'esterno, permettendo così di avere CD più piccoli dello standard (per esempio i mini-CD o i CD a forma di carta di credito).

La struttura a spirale del CD-ROM è tale da massimizzare le prestazioni per l'accesso sequenziale a scapito dell'accesso diretto, una traccia detta TOC (Table Of Contents) è registrata nella parte centrale del disco e viene letta dal lettore prima di iniziare la lettura vera e propria del CD, su questa traccia sono memorizzati i dati relativi alla durata totale, numero di tracce e posizione delle stesse per la ricerca. Una caratteristica dei CD audio è data dalla velocità di lettura costante (CLV: Constant Linear Velocity). Il principio stabilisce che il laser deve leggere i dati a velocità uniforme, sia che si tratti della parte esterna sia quella interna del disco. Questo si ottiene variando la velocità di rotazione del disco, che passa da 500 giri al minuto al centro a 200 giri al minuto all'esterno.

Immagine di un CD Cd ingrandito al microscopio

Immagini del CD

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